17Mag

Le spirali negative sono sempre nascoste dietro l’angolo, pronte a balzarti addosso come un virus che risulta poi difficile da rimuovere, uno di questi è la sindrome di Wendy.

La paura di essere rifiutati, il terrore di essere abbandonati, uniti alle smisurate preoccupazioni delle esigenze di partner e colleghi, sono spesso manifestazione della sindrome della “crocerossina” o di “Wendy”.

 

Tutti ricorderanno Wendy che nella favola si prende cura anche di Peter Pan, conservando la sua ombra e ricucendola, seguendo Peter sull’isola che non c’è, diventando la mamma dei bimbi sperduti. Insomma si fa carico di pesi gravosi, andando oltre ciò che ci si aspetta da una bambina! Gli altruisti compulsivi sono persone che hanno tendenza a mettere sempre l’altro al primo posto e a dire “Sì” ad ogni richiesta di aiuto, che sia motivata o meno, a tal punto da rinnegare le proprie necessità, o violare regole e leggi.

Assistiamo spesso a comportamenti che arrivano ad essere addirittura poco professionali, questo perché gli/le “Wendy” vivono di gratificazione riflessa: non si sentono contente o gratificate per aver fatto qualcosa di buono direttamente per sé: sono felici e soddisfatte nel vedere un altro gioire per qualcosa che hanno fatto loro.  In realtà spesso le crocerossine non aiutano davvero l’altro perché la sua guarigione significherebbe tornare a sentirsi inutili. L’altro diventa un mezzo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale che si portano dentro.

Mi chiedo allora se questi comportamenti a volte non possano addirittura risultare lesivi per le persone aiutate, o magari per la famiglia o l’ambiente di lavoro; certo aiutare il prossimo è più che un dovere, ma come ogni cosa portata all’estremo, farlo senza più seguire le regole modificherà sicuramente l’ambiente circostante rendendolo poi tossico a lungo andare. Immaginiamo infatti che per aiutare qualcuno si ignorino tutte le regole aziendali, magari omettendo delle informazioni o falsificando dei documenti, ebbene oltre ad essere un’azione chiaramente illegale, in quel preciso momento il/la “Wendy” di turno sta anche danneggiando i propri colleghi.

Ecco forse uno dei casi dove il fine non giustifica i mezzi, non possiamo certo anteporre il bene di un singolo al bene di molti, oltre al fatto che proprio perché parliamo di una sindrome, spesso accade che chi è oggetto delle attenzioni non ne sia nemmeno consapevole, in pratica a voler troppo aiutare si crea poi un danno ben maggiore di quello che si cercava di riparare.

Insomma aiutare… SÌ, senza ombra di dubbio, ma nella piena osservanza delle regole, dell’educazione e del rispetto della privacy altrui, altrimenti non solo avremo prodotto un danno ai nostri cari o ai nostri colleghi, ma alla fine non avremo nemmeno aiutato la persona oggetto delle nostre attenzioni.

Attenzione amici miei a voler sempre aiutare a prescindere qualcuno, perché a volte dovremmo fermarci a riflettere se effettivamente ciò che stiamo facendo, l’aiuto che stiamo dando, sia davvero aiuto, e non solamente un modo per soddisfare il nostro ego, pericolo questo più che probabile, al punto tale che in certi casi può diventare anche una malattia.

Prestiamo sempre attenzione a queste pericolose spirali negative, celate da un falso (anche se in buona fede) buonismo.

 

#GemmaDeiNumeri1